Hedera: l’edera nel mondo antico

Qualche curiosità sulla pianta più cara agli archeologi

Il suo nome scientifico è Hedera helix, appartiene alla famiglia delle Araliaceae ed è il rampicante per eccellenza. Le sue foglie presentano tre o cinque lobi e sono solitamente di colore verde chiaro e scuro con slittature di colore bianco. L’immagine tipica dell’edera è quella che la vede ricoprire e infestare i ruderi antichi: forse per questo motivo è la pianta degli archeologi, e forse per questo motivo è, da sempre, una delle mie preferite. Amante dell’ombra, evoca una sensazione di freschezza, legata al suo habitat naturale, sempre verde e rigogliosa è capace di creare vere e proprie muraglie con le sue foglie, riparo per insetti e piccoli animaletti.

🙋‍♀️ Forse, però, non tutti sanno che nel mondo antico era legata alla figura del dio Dioniso, per i romani Bacco, conosciuto come il dio del vino e dei banchetti, nonché delle ubriacature, noto per i suoi festini a cui partecipavano Menadi, satiri, sileni e centauri.
Figlio illegittimo di Giove e Semele è anche detto “il due volte nato”, in quanto salvato dal corpo esanime della madre, incenerita dalle folgori di Zeus, ingannato dalla gelosissima moglie Era. Fu salvato da Gea, la dea terra, che avvolse il feto in una fresca pianta di edera per essere poi “cucito” sulla coscia del divino padre che portò a termine la gravidanza dando alla luce il dio arcaico della vegetazione, legato alla linfa vitale che scorre nelle piante. Legato alla pianta della vite, divenne il dio del vino che, per il suo colore rosso e il suo sapore zuccherino in aggiunta alle sue capacità inebrianti venne associato al sangue, linfa vitale che scorre nelle vene di ogni essere vivente. Parimenti, però, venne associata al dio anche la pianta dell’edera, legata alla sua miracolosa nascita e al mito della resurrezione del Dio ucciso. Nella variante orfica del mito Dioniso è il guardiano dell’oltretomba e viene investito dallo stesso Zeus di questo importantissimo ruolo. Come guardiano del mondo dei morti non poteva certo avere una pianta solare come la vite a evocazione della sua potenza, ma l’ombrosa edera, fredda, umida, dai colori vitrei e acquosi non violenti e passionali come quelli dei succosi grappoli di uva. La maschera che il dio spesso indossa è espressione della sua duplicità e della sua frenesia e viene chiamata ad assistere il dio nella sua epifania, ossia manifestazione. È la storia dell’infinito enigma dell’essere e del non essere, realtà, illusione, ragione e follia.

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