La nuova rubrica di Hedera Picta
Secondo appuntamento con la nuova rubrica di Hedera Picta il cui fine è riscoprire tutti quei monumenti o quei manufatti del nostro patrimonio culturale nascosti sotto una foglia e invisibili ai più, a volte anche semplicemente per distrazione.
Quest’oggi ci troviamo a Palazzo Primoli, tra via Zanardelli e Lungotevere Marzio, di fronte al Palazzaccio. Nel cortile del palazzo, che già ospita il Museo Napoleonico, la Fondazione Primoli e la casa-museo Mario Praz, come nelle migliori delle tradizioni romane, sono murati innumerevoli pezzi provenienti dagli scavi del palazzo stesso che si trova a pochi passi, è bene ricordarlo, dallo stadio di Domiziano, dalle terme Neroniane Alessandrine e dal Pantheon, nessuna meraviglia, quindi, che il sottosuolo si presenti così ricco. Palazzo Primoli è un palazzo del pieno Cinquecento fondato dalla famiglia Gottifredi che all’epoca aveva come vicini la potente famiglia del cardinale austriaco Marco Sittico Altemps, figlio della sorella di papa Pio IV Medici che lo aveva acquistato nel 1568. Allora aveva l’entrata principale su via dei Soldati e un aspetto simile a quello del vicino Palazzo Altemps, oggi una delle sedi del Museo Nazionale Romano: ossia un quadrilatero con corte colonnata interna servito esternamente da loggiati e balconi. Dopo essere passato alla famiglia Filonardi, venne acquistato nel 1820 da Luigi Primoli, conte di Foglia. Alla sua morte passò al figlio Pietro che nel 1848 si unì in matrimonio con Carlotta Bonaparte, figlia di Girolamo Bonaparte, il fratello maggiore di Napoleone. Con i tre figli della coppia, Giuseppe, Napoleone e Lugi, si esaurì la discendenza dei Primoli. Giuseppe, in particolare, ebbe a cuore le sorti del palazzo e lo salvò dalle demolizioni della fine del XIX secolo per l’apertura del Lungotevere conseguente alla costruzione dei nuovi argini del fiume. In quel particolare momento di adeguamento della città di Roma al suo nuovo ruolo di capitale, seppe mantenere il punto fermo e barattò il giardino, su quella che è oggi via Zanardelli, per poter salvare lo stabile di famiglia. Cambiò accesso e aprì una scenografica entrata proprio sul futuristico Lungotevere, sopraelevandosi, rispetto alla sottostante via dei Soldati e piazza S. Apollinare, ma mantenendone il collegamento con quella scaletta, di fronte all’osteria dell’Orso, che mi è sempre piaciuto etichettare “scaletta del tempo“. Percorrendola si passa dal 1890 al pieno 500, solo a Roma, naturalmente si può saltellare nelle epoche storiche e goderne sempre a pieno l’aspetto più caratteristico. La nuova facciata di Palazzo Primoli, in pieno stile neoclassico, è dell’architetto Raffaelle Ojetti ed è molto probabile che in quella circostanza vennero rinvenuti i pezzi che oggi sono esposti nel suo cortile interno.

Colpisce la presenza di una fontana, immancabilmente realizzata con un sarcofago trasformato e sorretto da due raffinati capitelli corinzi. Il sarcofago, di marmo bianco, presenta una fine lavorazione ascrivibile al pieno III secolo d.C. Al centro della cassa un clipeo, ossia un tondo, con il ritratto del defunto vestito di toga e con rotolo in mano, segno distintivo del suo status sociale. Il clipeo è sorretto da eroti alati che occupano la fronte della cassa, a chiudere due figure alate sedute su di una roccia ai margini frontali della cassa. Privo del suo coperchio è sormontato da un paliotto con la Vergine Maria che tiene il Bambino Gesù tra le braccia, al di sotto della quale la dicitura “ad fontem virginis”.

Ai lati due stemmi araldici della famiglia Piccolomini, riconoscibili dalla presenza della falce di luna ripetuta, che incorniciano il mascherone, anch’esso di riutilizzo, trasformato in cannella. A destra e a sinistra della monumentale fontana innumerevoli pezzi: a sinistra della vasca un pilastrino di marmo bianco lavorato, a destra un elemento scultoreo a soggetto vegetale, numerose cornici marmoree, in alto a destra un altro pezzo di sarcofago di pregevole manifattura con figure alate che si toccano a mezzo delle ali e che mostrano terminazioni acantiformi.

Sul fianco sinistro del cortile è inserito uno stemma, questa volta della famiglia Barberini, inconfondibile per la presenza delle tre api, sormontato dalla tiara papale, motivo per cui si deve ascrivere agli anni del pontificato di Urbano VIII (1622-1644). Difficile stabilire la provenienza dei pezzi in questione, ci si augura una loro schedatura, sebbene ipotizzabile dall’area in cui insiste il palazzo stesso. Una piccola riflessione: è molto comune, quando si ha la fortuna di entrare nei cortili dei palazzi del centro storico, imbattersi in questi “pasticci”, creazioni fantasiose che uniscono insieme elementi non pertinenti tra di loro che rendono ancora più belli e poetici questi incredibili scorci della nobiltà di un tempo, ma che annullano quasi del tutto il valore documentario del pezzo in questione, soprattutto se non se ne conosce o non se ne specifica la provenienza. L’essere murati in contesti vincolati, come lo sono questi incredibili modelli architettonici, rende impossibile, un domani, il ricongiungimento con la sua parte mancante qualora venisse indentificata. D’altro canto proprio l’essere stati murati ha permesso la loro conservazione in momenti storici in cui la tutela del patrimonio culturale non era vincolata come lo è oggi. Indubbio il fascino che queste raccolte continuano a suscitare.
Palazzo Primoli contiene il Museo Napoleonico? Se sì perché non ne fai cenno?
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Buonasera Guido,
Giustissima osservazione e soprattutto corretta. il mio obiettivo era più cha altro dare risalto a quest’aspetto meno noto del palazzo che lo rende ancora più ricco. Tutti lo conoscono come la sede del Museo Napoleonico e proprio per questo non si guarda mai dalle finestre, quando sono aperte, tanto è ricco il suo interno.
Grazie del tuo commento.
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