Flannery O’Connor, la signora dei pavoni

Figure di spicco femminili che hanno scritto la storia del XX secolo (XIII episodio)

Si torna a parlare di donne dopo la breve pausa estiva facendo ricadere la scelta, questa volta, su una delle narratrici americane più importanti del XX secolo: Flannery O’Connor, nota come la signora dei pavoni per la predilezione che nutriva nei confronti del bellissimo uccello dalla coda occhiuta di cui possedeva venti esemplari nella fattoria di famiglia a Milledgeville, Georgia. Carattere forte e volitivo, profondamente credente di una fede dogmatica e ortodossa a cui si unì il clima rurale e segregazionista del sud dell’America di quegli anni.

🤓 Flannery nacque il 25 marzo 1925 a Sannah, Georgia, da genitori di origine irlandese. Nel 1937 al padre Edward venne diagnosticato il lupus erythematosus, una malattia che colpisce il sistema immunitario e che costrinse la famiglia a trasferirsi a Milledgeville, sempre in Georgia, in una fattoria di proprietà della madre, Regina. Qui entrò in contatto con quel mondo rurale e agreste che farà da sfondo ai suoi due romanzi e ai suoi trentadue racconti, ma soprattutto le fece capire la passione per gli animali, in particolare polli e galline, per i quali cuciva vestitini e cappellini, e per i pavoni. A Milledgeville frequentò la Peabody High School dedicandosi alla scrittura e al disegno; alcuni dei suoi racconti e delle sue poesie vennero notati e pubblicati sulla rivista scolastica. Dopo la morte del padre, nel 1941, si iscrisse ad un college femminile in Georgia e ottenne nel 1945 una borsa di studio per l’Università dell’Iowa dove inizialmente volle studiare giornalismo per poi dedicarsi completamente alla letteratura e alla narrativa. Qui potè frequentare i corsi di scrittura tenuti da Paul Engle e approfondire la conoscenza di autori quali Poe, Joyce, Kafka.

1945. La scrittrice nella sua fattoria in compagnia dei suoi amati pavoni.

Nel 1947 la madre eredita la Andalusia Farm, una grande tenuta agricola non lontano da Milledgeville dove inizierà la stesura del suo primo romanzo: Wise Blood, La saggezza nel sangue, storia di un veterano in lotta con la propria fede in una società intimamente caratterizzata dalla dimensione religiosa. L’orizzonte metafisico, sovrapposto a quello reale del paesaggio agricolo degli Stati meridionali, è lo sfondo sul quale si proiettano tutte le sue storie, i cui attori, sovente segnati nel fisico da malattie e menomazioni, come la stessa Flannery che ereditò, ventenne, la stessa malattia del padre, manifestano la loro umanità in termini che molti lettori non esitarono a definire “brutali”.

Nel 1948 decise di trascorrere due mesi a Saratoga Springs in una comunità di artisti dove conosce Elisabeth Hardwick e Robert Lowell con i quali si trasferisce a New York dove incontrò i coniugi Fritzgerald, che diventeranno gli amici a cui confidare tutto.

Nel 1950 si aggravarono le sue condizioni di salute: inizia un lungo calvario fatto di ricoveri e di cure a base di cortisone che le faranno perdere i capelli e gonfiare il viso e il corpo, non riuscirà più a deambulare liberamente e sarà costretta ad aiutarsi con le stampelle; le verrà diagnosticato lo stesso tipo di lupus del padre e ciò determinerà un sempre maggiore allontanamento dagli ambienti letterari e un trasferimento definitivo presso la fattoria di famiglia. A casa, tra i suoi animali si dedicò alla stesura del suo secondo romanzo ” A Good Man is Hard to Find“, pubblicato nel 1955, anno in cui iniziò una singolare e quanto mai terapeutica amicizia epistolare con una sua fan, rimasta sempre nell’anonimato, che firmava le sue lettere semplicemente con la lettere A. “A” sarà l’amica mai avuta, e sarà, per ammissione della stessa Flannery, forza e sostegno durante gli anni della malattia.

Flannery O’Connor all’età di

Scrisse a proposito della sua malattia: “In un certo senso la malattia è un luogo più istruttivo di un lungo viaggio in Europa, e un luogo dove non trovi mai compagnia, dove nessuno ti può seguire. La malattia prima della morte è cosa quanto mai opportuna e chi non ci passa si perde una benedizione del Signore“. In quegli anni diventò allevatrice di pavoni arrivando a possederne quaranta. La sua passione per questi animali è diventata di recente un libro per bambini “The King of the Birds“, edito nel 2016. Flannery racconta di come una volta, venti dei suoi pavoni maschi per corteggiare una delle femmine del suo allevamento fecero tutti insieme la ruota per conquistarne le grazie e ciò provocò in lei un’emozione tale da portarla a scrivere un racconto avente come protagonisti i suoi adorati volatili e il concetto di amore, per l’autrice una “visione d’amore” era tutto quello che serviva al racconto del mondo. In molti sostennero che solo in Dante era presente un tale equilibrio tra vocazione cristiana e vocazione letteraria capace di far coincidere le due posizioni.

Tra il 1956 e il 1958 scrisse innumerevoli recensioni intrattenendo relazioni epistolari con importanti scrittori del calibro di William Sessions, Elizabeth Bishop, Louise Abbot, Maryat Lee e col padre gesuita McCowchen che a lei si affidavano per spassionati consigli sulla propria prosa. Nel 1958 incontrò a Roma papa Pio XII e lo stesso anno si recò a Lourdes come pellegrina. Nel 1960 scrisse un saggio su una bambina malata di cancro “A Memoire of Mary Ann“, che le fece meritare un premio da parte della critica letteraria. Contemporaneamente si aggravarono le sue condizioni fisiche: necrosi delle ossa, alla mandibola e all’anca, a causa dell’eccessivo uso di steroidi. Nonostante fosse costretta a rimanere giornate intere distesa sul letto non abbandonò mai la penna per scrivere. La sua prosa affascina per la linearità dello stile, per il realismo e l’immediatezza delle trame, apparentemente semplici, rotte poi, all’improvviso, con un registro ora grottesco e ironico, ora cinico e pungente, da eventi imprevedibili e inattesi, che conducono sempre a esiti folgoranti, inimmaginabili, quasi a sfidare e a sbaragliare le aspettative del lettore, coinvolgendolo e, al tempo stesso, destabilizzandolo. Attraverso metafore e rimandi simbolici, con altri significati al di là di quello letterario, coinvolge il lettore pagina dopo pagina. Un simbolismo che rinvia all’inesprimibile, all’inafferrabile, a quella sostanza di mistero che per l’autrice, tocca le vite, la realtà tutta, e di cui spesso non si coglie né la presenza né il valore. Nonostante ciò ripudiò sempre con consapevolezza ogni sorta di sentimentalismo, ogni cedimento languido ed emotivo, riportando sempre nei suoi racconti una realtà concreta, tangibile, immediata, talvolta crudele. Mai che il disarmonico, il difetto, il vizio, la mediocrità, il tormento, la sofferenza umana vengano nascosti o mascherati. Uno stile vero come vera era la penna di questa piccola donnina del Sud che la malattia sottrasse ai suo personaggi alla prematura età di 39 anni, il 2 agosto 1964. Aveva d poco iniziato il suo terzo romanzo “Why Do the Heathen Rage?”, rimasto incompiuto. La sua ricchissima produzione narrativa vide pubblicati postumi i suoi racconti e i suoi saggi. Nel 2013 venne pubblicato il suo diario, scritto negli anni universitari.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: