Figure femminili di spicco che hanno scritto la storia del XX secolo (XII episodio)
Storica dell’arte, filologa, filantropa, insegnante, accademica, divulgatrice… oggi la protagonista della rubrica di Hedera Picta sarà una donna emblema del XX secolo, autrice di un saggio in due volumi su Giacomo Boni, anima e cuore pulsante del Foro Romano e del Palatino di cui diresse gli scavi dal 1898 al 1915.
🤓Evangelina Tea nacque a Biella nel 1886 da Alberto Tea, avvocato, e Anna Ricci. Eva, si fece sempre chiamare così, aveva due sorelle che segnarono profondamente la sua formazione e le sue scelte future: Silvestra, femminista convinta e attivista nella difesa dei diritti delle donne nonchè combattente per la Resistenza e Maria, pittrice affermata. La famiglia si trasferì a Verona quando Eva aveva due anni, nel 1888, quando il padre venne nominato segretario capo nel consiglio di amministrazione provinciale. L’amore per l’arte e per l’archeologia furono una conseguenza dell’aria che si respirava in famiglia tra i pennelli della sorella, le arie del marito di Silvestra, il cantante Ugo Sesini, e le lezioni di disegno della madre per i bambini dell’asilo.
Dopo aver conseguito la licenza magistrale al Liceo “S. Maffei”, ottenne una borsa di studio presso la Regia Università di Padova, dove conseguì la laurea il Lettere e Filosofia con una tesi sull’isola di Creta che le fece meritare un premio nazionale e la pubblicazione a Venezia nel 1913. Frequentò la Scuola Pedagogica di Mantova specializzandosi in ortofrenia e ottenne, proprio per questa suo particolare campo di insegnamento, un impiego a Mantova. A Roma si iscrisse presso l’Ateneo diventando allieva di Adolfo Venturi alla scuola di perfezionamento in Storia dell’arte medievale e moderna, materia da Eva sempre prediletto. Fu assistente volontaria della cattedra e, dopo un secondo corso di perfezionamento, per il quale ottenne una borsa di studio, si dedicò all’insegnamento presso il Liceo “Umberto I” di Roma e poi alla Scuola d’Arte di Ravenna.
Prestò servizio volontario come crocerossina durante la guerra ovunque ve ne fosse bisogno: sui treni, nei campi militari, in aperta campagna e proprio per questo sua innata generosità che venne insignita della Croce di guerra. Il 1915 è l’anno in cui incontrò Giacomo Boni. Si dice che nella vita di ognuno di noi ci siano degli incontri destinati a cambiare per sempre le nostre esistenze e così fu per Eva.

Eva Tea e Giacomo Boni si incontrarono a Roma, sul Palatino il 22 maggio del 1915: lei aveva ventinove anni, lui cinquantasei. Per entrambi si trattò di un incontro fatale. Fino a quel momento le loro vite avevano condotto esistenze parallele ma ora qualcosa stava per cambiare per entrambi. Si dice che l’incontro fu voluto da Achille Ratti, futuro Pio XI, durante una visita di Eva al Foro quando insegnava al Liceo “Umberto I”. Divenne l’ombra del grande archeologo trasferendosi sul Palatino dove Boni ormai risiedeva, come una sua emanazione, avendo trasformato le voliere farnesiane nel suo studio e il belvedere del Palatino in uno splendido roseto dove poi verrà sepolto nel 1925. Seguì Boni nei suoi scavi: a lei l’arduo compito di mettere mano ai “quaderni Boni“, gli appunti dei suoi viaggi alla riscoperta dell’antico, contenenti scritti, disegni, foto, memorie, intuizioni, insomma l’essenza del grande Giacomo. Il pittore Angelo dell’Oca Bianca definisce Eva la “Vittoriosa” e la ritrae in modo sublime, il critico d’arte Guido Lodovico Luzzatto scrisse di lei “Eva Tea rappresenta una figura d’eccezione nella critica d’arte contemporanea, italiana e straniera. Discepola di Giacomo Boni, studiosa di storia dell’arte medievale e moderna, autrice di molti studi monografici di minuta esegesi, preparata dalla scuola più severa, si presentava munita di tutti quei titoli che dovevano imporle la considerazione dei colleghi.” Sembra che Boni la volesse accanto per finire il lavoro e permetterne la pubblicazione e che per questo fosse disposto a garantirle uno stipendio fisso; in molti si aspettavano una sua nomina, per disposizione testamentaria, come erede scientifica. Dal 7 settembre 1916 al 30 aprile 1917 fu ispettrice avventizia al Museo Nazionale di Ravenna e alla Sovrintendenza ai Monumenti di Roma per lavori straordinari di restauro. Nel 1917 si convertì al cattolicesimo. Nel 1919 lavorò come ispettrice alla Regia Soprintendenza delle Gallerie di Venezia; tra il 1920 e il 1921 frequentò la Regia Scuola Italiana di Archeologia presso la Regia Università di Roma. Nel 1922 vinse una borsa da bibliotecaria e insegnante di storia dell’arte medievale e moderna all’Accademia di Brera di Milano. Nel 1923 la separazione da Boni e il suo trasferimento a Milano.
Giacomo Boni morì due anni dopo, il 25 luglio del 1925. Al momento dell’apertura del testamento destò sorpresa che una studiosa donna, relativamente giovane, storica dell’arte e non archeologa, non romana ma piemontese ed esperta di arte veneta, come Boni, potesse ricevere un’investitura scientifica. Luca Beltrami e molti altri accademici tentarono di intimorirla, ma Eva, forte dell’appoggio del regime fascista, che Boni aveva caldamente abbracciato, come molti, reclamò tutti i materiali e appunti e foto necessari ai suoi studi grazie ai quali diede vita, tra il 1925 e il 1932, ad una biografia torrenziale di oltre 1.200 pagine. Un romanzo capace di appassionare il lettore, anche non archeologo. Una lettura del grande archeologo “secondo Eva Tea”.
Dal 1929 fu docente incaricata in Storia della critica d’arte alla Cattolica di Milano che, nata su progetto di padre Agostino Gemelli, fu desiderata da papa Pio XI che inizialmente si oppose alla presenza di Eva, in quanto donna, per poi accettarla. Rimase alla Cattolica fino al 1956. Venne arresta nel 1944 in quanto creduta ebrea, in realtà era militante antifascista assieme alla sorella Silvestra e a suo marito Ugo Sesini arrestato e deportato a Mathausen dove morì nel 1945. Viaggiò per tutta Europa, ma rimase una persona semplice che amava vivere in solitudine. Istituì l'”Opera per modelle o scuola T.E.A.” per le modelle che posavano nelle accademie. A questi anni risale la sua passione per l’arte sacra e la maturazione di un profondo sentire cristiano. Nel 1964, di ritorno da un convegno, una brutta caduta le causò la frattura del femore, l’inizio di una serie di problemi fisici che la indussero a ricoverarsi presso le Orsoline di Tregnago dove morirà nel 1971. La sua vita e la sua figura sono documentate da due importanti lasciti: l’Archivio Boni-Tea all’Istituto Lombardo e e il Fondo Tea al Museo di Castelvecchio a Verona.