Figure di spicco femminili che hanno scritto la storia del XX secolo (XIV episodio)
Come sottolineo spesso, a volte gli argomenti o i personaggi su cui scrivere giungono a me in modo del tutto casuale, in questo caso è stata la mia amica Elvira a sottopormi una recensione da lei scritta su Camille Claudel per una rappresentazione teatrale a lei dedicata al Vascello di Roma che deve essere stata davvero emozionante, così come traspare dalla penna della mia amica.
Artista e Musa, vittima della sua stessa passione e succube della sua stessa arte, in poche parole Camille Claudel l’artista compagna, amante e ispiratrice delle opere del grande Auguste Rodin, ma al tempo stesso creatrice e plasmatrice di sculture tutte al femminile. Camille Claudel nasce a Fère-en-Tardenois, nel nord della Francia, l’8 dicembre 1864 da una famiglia benestante. Suo padre, Louis Prosper lavorava presso l’ufficio del registro, mentre la madre Cécile era la figlia del medico e nipote del parroco del paese. La famiglia, prima della nascita di Camille, era stata segnata da un terribile lutto: Il primogenito della coppia muore dopo soli 16 giorni dalla nascita, non si scoraggiano e tentano nuovamente di diventare genitori riuscendoci con la nascita di Camille. La famiglia si trasferisce a Villeneuve-en mentre Camille è ancora una bambina e qui nacquero prima sua sorella minore Louise, nel febbraio 1866, e poi suo fratello Paul, il suo adorato Paul. Sin dall’adolescenza, Camille si appassiona alla scultura e inizia giovanissima a lavorare l’argilla costantemente sostenuta dal padre, grazie al quale riuscì a superare l’opposizione di sua madre, che non riteneva adatta per una donna l’arte della scultura. L’arrivo a Parigi con la famiglia nel 1880 coinciderà con la sua partecipazione all’Accademia Colarossi, dove sarà allieva del maestro Alfred Boucher. Per fortuna non è sola, altre donne come lei si avvicinavano in quegli anni al mondo dell’arte e nel 1882 prende in affitto uno studio in rue Notre-Dame-des-Champs nº117 con altre scultrici per lo più inglesi, tra cui Amy Singer e Jessie Lipscomb con le quali nascerà una profonda amicizia. Il fatidico incontro con Rodin, l’uomo che nel bene e nel male segnò la sua giovane vita, avvenne nel 1883, quando, il maestro Boucher, chiese ad Auguste Rodin, allora quarantunenne, lei di anni ne aveva venti, di sostituirlo nel suo corso di scultura. Bella e talentuosa diventerà la sua collaboratrice e in breve la passione per la scultura diventerà un tumultuoso rapporto d’amore. Possiamo immaginare la fatica di Camille per trovare posto nel mondo maschilista dell’arte. La prassi che vedeva i discepoli del maestro occuparsi di alcune parti delle sue opere non aiutava certo. In alcuni lavori di Rodin vi sono certamente degli elementi di Camille. Nel 1896 Camille scrive “[…] m. Rodin non ignora che molte persone malvagie hanno osato dire che era lui a fare le mie sculture: perché allora far di tutto per accreditare questa calunnia?” e ancora nel 1899 “Signore, leggo con stupore il suo resoconto del Salon in cui mi si accusa di essermi ispirata a un disegno di Rodin per la mia Clotho. Non avrei problemi a dimostrarle che la mia Clotho è un’opera assolutamente originale. […] La prego di pubblicare sul suo giornale la piccola rettifica che le chiedo.”

Lo stesso Rodin “narra” l’evolversi del suo amore verso la Claudel in numerosi disegni che sono allocati presso il museo a lui dedicato a Parigi, dal contenuto spiccatamente erotico così come alcuni lavori della stessa Camille. Tra il 1889 e il 1892, concepisce e porta a termine l’opera che più delle altre rappresenta la sua maturità artistica, nella quale confluisce la sua percezione dell’amore tradotta in brevità del senso e del piacere, Il valser, (in alto) espressione concreta di un momento di vita, una danza di amore e di morte in una spirale tragica. Se il maestro Rodin sarà il plasmatore della sua arte, educando l’ars creativa della giovane scultrice dal punto di vista “materico”, ad educarla sensorialmente sarà il giovane Debussy, presenza gentile nella vita di Camille, come lo era la sua musica. I due cominciarono a frequentarsi negli anni 1888-89 trascorrendo molte ore a parlare, giornate, notti. Lui la considerava un’artista di razza, ne ammirava il mestiere, la forza di tagliare il marmo da sé. Forse il giovane compositore avrebbe potuto salvare Camille dall’abisso in cui era destinata a precipitare. Nel 1893 Rodin la volle nuovamente accanto a sé, ma il loro rapporto cominciò da subito ad entrare in crisi. Camille ritenne di non avere più la forza di proseguire un rapporto senza futuro. Nel momento in cui l’artista capì che il suo Auguste non l’avrebbe sposata, vedrà crollare l’illusione di un’unione che desiderava con tutta se stessa e la speranza di veder riscattati tanti anni di compromessi, ansie, tristezze e risentimenti.
Camille cominciò a trascurarsi e a sentirsi perseguitata dalla “banda Rodin”, barricandosi in casa e uscendo solo di notte. La sua famiglia la fece rinchiudere in manicomio il 10 marzo 1913, una settimana dopo la morte del padre. Una volta internata, la madre non le farà mai visita; Paul fu l’unico a farle visita talvolta, per quanto gli permettano i numerosi viaggi dovuti alla carriera diplomatica. Complice la legge, madre e fratello le impedirono per anni di incontrare e scrivere agli amici. Cambiò più volte manicomio e sosterrà sempre la sua sanità mentale, riservando per sé stessa un’unica colpa: quella di aver voluto vivere da sola e in nome della sua arte e del suo essere “passionale” la propria esistenza e averne pagato un prezzo troppo duro. Numerose le lettere scritte a medici e professori nel quale richiedeva una perizia finalizzata a liberarla dall’onta della pazzia, numerose le lettere alla madre, che mai andrà a trovarla, e la cui fragilità fu per Camille il colpo di grazia, numerose missive alla sorella e all’amato fratello. Camille morì nel manicomio di Montfavet il 19 ottobre 1943, alle due del mattino, all’età di 78 anni, di un colpo apoplettico causato dalla malnutrizione in ospedale. Sepolta nel cimitero locale fu tumulata alla presenza del personale medico, nessun membro della sua famiglia intervenne al funerale. Successivamente i suoi resti furono trasferiti in una fossa comune, mai reclamati dalla famiglia.

Ci piace ricordarla non in manicomio, irriconoscibile, ma attraverso il suo capolavoro “L’Età Matura”, (in foto) opera realizzata in gesso e mai in bronzo e che prese le fattezze odierne per l’interessamento del capitano Tissier che, nel 1902, a proprie spese, la fece realizzare in bronzo. Oggi esposta al Museo Rodin di Parigi, dove è a lei dedicata un ‘intera stanza, e nella quale è espresso tutto il suo strazio d’amore. La Claudel è la figura femminile inginocchiata che tenta disperatamente di trattenere l’indeciso Rodin volto verso la donna che poi sposerà, Rose Beuret, e dalla quale traspare tutta la sua perizia scultorea e la capacità straordinaria di trattare la materia.