Figure di spicco femminili che hanno scritto la storia del XX secolo (IX episodio)
Scrittrice, saggista, insegnante elementare e infine consulente del tribunale minorile, è lei la prescelta per questo nuovo appuntamento con i personaggi femminili che hanno lasciato un segno profondo nella storia del XX secolo. Laudomia Bonanni nacque a L’Aquila nel 1907, discendente per parte paterna da un’antica casata baronale impoverita, ebbe, nel padre Giovanni, che per mantenere la famiglia divenne un commerciante di carbone, il suo punto di riferimento. Il suo nome, raro per quei tempi, fu scelto dalla madre che lo prese da un libro di Massimo D’Azeglio, Niccolò de Lapi, romanzo storico ambientato alla fine del 1400 che racconta la calata di Carlo VIII in Italia e il susseguirsi dei poteri nella città di Firenze. Fu la madre a capire per prima e a sostenere la passione letteraria della figlia. Nel 1924 si diplomò all’Istituto magistrale di L’Aquila, iniziando l’apprendistato nei diversi paesini dell’Abruzzo montano. Iniziò così a confrontarsi con le due realtà fondamentali della sua vita: l’educazione infantile e il mondo rurale. A partire dal 1930 e fino al 1966, anno del suo pensionamento, esercitò di ruolo all’Aquila. Nel mentre, la sua carriera di scrittrice per l’infanzia con racconti di ambientazione rurale che affrontavano due principali tematiche: una politico-sociale, il maschilismo stava rovinando il mondo, l’altra filosofica-esistenziale, abituarsi e educarsi al dolore di vivere. Sono ventisette le brevissime storielle che hanno per protagonisti bambini, animali, piante e cose, scritte con lo scopo di divertire ed esercitare alla lettura: piccoli ritratti di pura fantasia. Nel 1935 uscì il volumetto Damina Celina e altri racconti, caratterizzato da uno stile verista dove i protagonisti erano orfanelli, poveri, e derelitti. Fu autrice di un romanzo coloniale per la Bompiani: Avventura al Nuovo Fiore, contributo richiesto dal fascismo all’avventura coloniale italiana conclusasi con l’annessione dell’Etiopia. La protagonista era una piccola abissina, Men, primo modello di quelle che saranno le “donne bonanniane”. Le due penne del pappagallino Verzè, edito nel 1948, divenne un classico per la seconda classe elementare.
Femminista militante, nel 1938 fu chiamata dall’Associazione Donne Fasciste che già frequentava attivamente, per ricevere l’incarico di rappresentarla presso il Tribunale per i Minorenni dell’Aquila. Questo incarico segnò l’inizio di nuovi percorsi letterari. Nel 1941 entrò a far parte del Centro di Tutela Minorile e nel 1952 entrò nel Comitato esecutivo. I due incarichi la avvicinarono sempre più alle realtà dei minori su cui scrisse innumerevoli saggi.

Il Fosso, scritto nel 1948, fu riconosciuto favorevolmente con un premio, in quanto opera inedita, dagli “Amici della Domenica”, un gruppo di scrittori frequentatori del salotto letterario di Maria Bellonci. Pubblicato l’anno seguente da Mondadori, ricevette nel 1950 il Premio Bagutta, fino a quel momento mai assegnato ad una donna. Iniziarono una serie di successi che la catapultarono in un nuovo mondo di editori e scrittori nel quale non si trovò mai a proprio agio. Nel 1954 scrisse Palma e sorelle, quattro racconti matriarcali ambientati tra i due conflitti mondiali utilizzante un linguaggio dialettale fuori da ogni scherma come la copertina disegnata da Luigi Bartolini dove compaiono in primo piano viso e parti del corpo di donne in sofferenza. L’ Adultera e l’ Imputata, la consacrarono nella creazione di personaggi femminili tormentati, sofferenti e incredibilmente reali. Nel 1969 si trasferì definitivamente a Roma dove trascorse anni felici ed ove mantenne costante il suo impegno a favore dei minori. Le incomprensioni con la casa editrice Bompiani e la richiesta, da parte di quest’ultima, di modificare alcuni passaggi del suo romanzo “La rappresaglia”, la fecero allontanare dal mondo dell’editoria. Continuò ad insegnare a tenere lezioni universitarie, fermamente convinta del ruolo dei giovani nella società futura. Morì a Roma nel 2002 a causa di una caduta in casa che le procurò la frattura del femore.